Come considerato nell’articolo precedente l’alimentazione ricopre un ruolo molto importante nella gestione del post-infortunio. Per comprendere bene la ragione delle scelte nutrizionali da attuare durante il recupero, può essere molto utile suddividere il post infortunio in due fasi:
L’immobilità (totale o parziale) causata dall’infortunio si associa con dinamica “durata-dipendente” ad una significativa riduzione della massa se non a una vera e propria atrofia muscolare, prevalentemente nella sede del trauma ma che a seconda dell’incapacità funzionale che ne deriva può estendersi agli elementi circostanti. Come visto nell’articolo precedente in risposta all’ ‘’insulto fisico’’ del trauma, l’organismo organizza una risposta immunitaria sostenuta da un potente processo infiammatorio che consente la riparazione dei tessuti danneggiati e prelude alla guarigione.
In questa prima fase cambia notevolmente il bilancio tra proteine sintetizzate e proteine degradate: si riduce notevolmente la sintesi proteica (-20/30% circa) e aumenta la resistenza a qualsiasi stimolo anabolico. Di conseguenza diminuisce sia la produzione di proteine coinvolte nella contrazione muscolare e generanti forza sia quella di collagene. Come inevitabile conseguenza si verifica una significativa perdita di forza e di massa muscolare, evitare o comunque minimizzare questi aspetti rappresenta l’obiettivo del supporto nutrizionale in questa prima fase d’infortunio. Nella pianificazione pratica
In seguito sono elencati i punti chiave da considerare nell’elaborazione di un alimentazione di sostegno.
La riduzione della sintesi proteica e della “sensibilità agli stimoli anabolici” conseguenti all’immobilità, possono eventualmente essere “tamponate” nei limiti del possibile da un moderato aumento dell’assunzione di proteine. Con questa finalità sarebbe opportuno privilegiare le fonti proteiche ad alto valore biologico (ricche di amminoacidi essenziali), che preferibilmente dovrebbero essere presenti in tutti i pasti in un quantitativo possibilmente compreso tra i 20-30 g (o volendo essere più precisi 0,3 g/kg di peso). Lo schema d’assunzione in pratica prevede la suddivisione dell’intero fabbisogno proteico in piccole quote simili, cercando di favorirne il più possibile le dinamiche d’assorbimento. La quota compresa tra i20 e i 30 g rappresenta un giusto compromesso tra l’ottimizzazione dei meccanismi di sintesi proteica e la stimolazione minima dei processi d’ossidazione a carico degli amminoacidi che potrebbero decretare un aumento della deposizione di tessuto adiposo.
Dovendo sospendere o comunque fortemente limitare gli allenamenti, il primo impulso è in genere quello di ridurre il quantitativo di alimenti consumati, quindi di conseguenza l’assunzione energetica, per timore di incrementare eccessivamente il peso corporeo. Questa scelta anche se molto come in realtà non si rivela molto vantaggiosa; infatti i meccanismi di riparazione attivi in prima fase, che se mal gestiti possono compromettere la guarigione, sono processi altamente “costosi” che in genere compensano la riduzione della spesa energetica legata all’immobilità e alla riduzione della sintesi proteica. Semplificando il tutto, anche nella peggiore delle ipotesi un leggero incremento di peso rimane comunque preferibile rispetto a una carenza di energia in quanto fondamentale per l’efficienza e l’efficacia dei meccanismi riparativi.
Nella seconda fase inizia la componente “attiva” della riabilitazione, dove l’atleta ricomincia gradualmente ad allenarsi. Iniziano di conseguenza a risolversi le spiacevoli conseguenze fisiologiche e metaboliche legate all’immobilità: la sintesi proteica incrementa, con conseguente aumento anche della forza e della massa muscolare. Gli obiettivi che devono prefiggersi per una gestione sinergica di alimentazione e allenamento sono: recupero della dimensione e della forza muscolare originarie. Purtroppo il raggiungimento di tali finalità richiede più tempo di quello impiegato dal muscolo per mettere in atto tutte le alterazioni che hanno condotto al decadimento della massa e della forza muscolare.
Nonostante le dinamiche in gioco siano lente e quindi le tempistiche prolungate, le linee guida suggeriscono di NON RIDURRE L’INTAKE ENERGETICO RISPETTO ALLA PRIMA FASE, MODULANDOLO IN BASE AL RIAVVIO GRADUALE DELL’ESERCIZIO FISICO.
Eventualmente si potrebbe pensare ad una CONCENTRAZIONE DELL’ASSUNZIONE DI CARBOIDRATI IN PROSSIMITÀ DELL’ALLENAMENTO (PRIMA – DURANTE – DOPO), considerandolo quasi come il vero pasto principale dell’atleta. L’importanza di questo aspetto è ancora più rilevante considerando che la sintesi proteica – e di conseguenza anche la sintesi e deposizione di collagene- risultano non pienamente efficienti ed efficaci quando le scorte di glicogeno sono carenti. Possono essere valutate, se necessario, anche assunzioni di substrati glucidici a rapida assimilazione contestualmente all’allenamento.
Di conseguenza RIMANGONO VALIDE TUTTE LE INDICAZIONI FORNITE PER LA PRIMA FASE, gestendo eventualmente in maniera funzionale l’assunzione della parte più consistente dei carboidrati consumati tra le fasi pre, intra e post allenamento.
Una volta ottimizzati questi aspetti, sarà possibile pensare all’impiego di sostanze nutraceutiche, come discuteremo nell’articolo successivo.
K.D. Tripton (2011): Nutrition For Acute Exercise – Induced Injuries, Annals Of Nutrition & Metabolism, 57(suppl 2): 43-53
Paddon Jones D et al., 2004: EEA and Carbohydrate Supplementation Ameliorates Muscle Protein Loss In Humans During 28 Days Bedrest. J Clin Endocrinol Metab 2004;89:4351-8