Da che mondo e mondo avere chiaro in mente quello che si sta facendo contestualmente al perché lo si sta facendo, ha fatto la differenza tra l’avere un buon margine di risultati positivi e l’indovinarci ogni tanto. Proprio su questo argomento una massima fondamentale fu espressa da uno dei più grandi esempi del suo settore, Bruce Lee, che ebbe a appunto a dire: “Use only that which works, and take it from any place you can find it”, indicazione sicuramente significativa, tenendo conto dei risultati a cui ha condotto.
Ma parlando di formulazioni fitoterapiche, come è possibile utilizzare solo quello che funziona quando nella stragrande maggioranza dei casi è evidente un deficit conoscitivo in merito a fattori basilari come la cinetica e la dinamica di una molecola o di una serie di molecole? Ovviamente non è possibile. Un intervento terapeutico o integrativo non basato sulla solida conoscenza delle molecole che si vanno ad utilizzare è molto rischioso e nel migliore dei casi finisce con il funzionare, o con il non avere effetti negativi, generalmente per puro caso, in quanto non sempre fattori come l’utilizzo di protocolli o l’esperienza sono in grado di considerare in maniera esaustiva tutte le variabili correlate all’utilizzo di una molecola o peggio ancora correlate a un complesso di molecole.
Per dare una connotazione più pratica e meno provocatoria a queste affermazioni, è utile considerare il caso di quella che ha finito con il divenire la “barzelletta della fitoterapia” ovvero l’utilizzo della radice di Valeriana officinalis, sia come droga polverizzata, che sotto forma di estratti con finalità calmanti o ipno-inducenti. Per molto tempo infatti è stata opinione comune da parte di numerosi operatori del settore, ritenere sicuro l’utilizzo di Valeriana officinalis e dei relativi estratti, in quanto di fatto inattivi e quindi incapaci di esercitare oltre agli effetti terapeutici anche effetti nocivi. La presunta efficacia nell’implementare la qualità del sonno è stata quindi attribuita per molto tempo al puro effetto placebo. Nonostante questa opinione fosse considerata ormai un fatto “consolidato”, nel 2002 è stato pubblicato uno studio randomizzato in doppio-cieco svolto su 202 pazienti dai risultati sorprendenti dove l’utilizzo di un estratto di Valeriana officinalis a 600 mg/die è stato paragonato all’utilizzo di Oxazepam a 10 mg/die (1).
Com’è possibile, a questo punto, per un utilizzo consapevole, orientarsi tra queste opinioni diametralmente opposte? Come accennato in principio LA CONOSCENZA È LA CHIAVE DEL SUCCESSO! La prima cosa che abbiamo la necessità di conoscere è la natura dell’estratto utilizzato nello studio e a questo proposito tre fattori diventano fondamentali: 1) La standardizzazione del processo di lavorazione della droga vegetale (per processo di lavorazione si intendono tutte quelle fasi che vanno dalla coltivazione all’estrazione), 2) la standardizzazione chimica dell’estratto, 3) il titolo dell’estratto. La conoscenza di questi parametri è fondamentale affinché possa essere riprodotto un estratto sempre uguale a se stesso e paragonabile a quello utilizzato nello studio, quindi con una performance equivalente. Da questa prima considerazione possiamo già concludere che non tutti gli estratti sono identici, quindi particolare attenzione deve essere posta ai test clinici esistenti per il tipo di estratto utilizzato, escludendo d’ufficio tutti quegli estratti che non presentano una solida documentazione scientifica relativamente all’efficacia.
All’inizio di questo articolo sono state menzionate anche la cinetica e la dinamica di una molecola come fattori fondamentali per valutare l’efficacia di un estratto o di un formulato. Considerarne il meccanismo d’azione, quindi, costituisce un altro tassello fondamentale per una valutazione razionale e analitica. Analizzando il meccanismo d’azione dell’estratto di Valeriana officinalis emerge chiaramente come il meccanismo d’azione implicato sia spiccatamente GABA-ergico, infatti le azioni a oggi dimostrate sono: (1) stimolo della sintesi e del rilascio del GABA, (2) inibizione del re-uptake del GABA, (3) inibizione del catabolismo del GABA, (4) affinità con il recettore GABAA.
È evidente che tutti i meccanismi implicati sono quindi direttamente correlati ad un azione sul sistema nervoso e una volta chiarito questo non rimane che da chiedersi quali caratteristiche dovrebbe avere un estratto per esercitare un’efficiente azione GABA-ergica. Analizzando questi aspetti alla luce delle azioni generalmente ricercate (ansiolitica e ipnoinducente), dovrebbe risultare chiaro come una rapida dissoluzione e assimilazione del formulato possano ottimizzare la sua azione e la sua resa sul sistema nervoso. Attingendo alla tecnologie farmaceutiche attualmente a disposizione, la forma di rilascio “FAST” (dissoluzione del 95% del formulato ingerito entro 5 minuti) è sicuramente una delle modalità più indicate per il raggiungimento di questo obiettivo. In conclusione è quindi possibile affermare che LA CONOSCENZA RELATIVA ALLA NATURA CHIMICA DI UN ESTRATTO, AL SUO MECCANISMO D’AZIONE E PIÙ SPECIFICATAMENTE ALLA SUA CINETICA E ALLA SUA DINAMICA, FANNO REALMENTE LA DIFFERENZA TRA UN FORMULATO CHE GARANTISCE UN BUON MARGINE TERAPEUTICO E UNO CHE NON LO FA.
(1) Ziegler G. et al. Efficacy and tolerability of valerian extract LI 156 compared with oxazepam in the treatment of non-organic insomnia – A randomized, double-blind, comparative clinical study. Eur. J. Med. Res. 7, 480-6, 2002 (2) Balduini et al. Displacement of [3H]-N6-cyclohexyladenosine binding to cortical membranes by an hydroalcoholic extract of Valeriana officinalis. Med. Sci. Res. 17, 639-40, 1989. (3) Cavadas C. et al. In vitro study on the interaction of Valeriana officinalis L. extracts and their amino acids on GABAA receptor in rat brain. Arzneim. Forsch. (Drug Res.) 45, 753-5, 1995. (4) Hendriks H. et al. Central nervous depressant activity of valerenic acid in the mouse. Planta Med. 51, 28-31, 1985. (5) Hiller et al. Neuropharmacological studies on ethanol extracts of Valeriana officinalis L.: behavioural and anticonvulsant properties. Phytotherapy Res. 10, 145-51, 1996. (6) Holzl J. et al. Receptor binding studies with Valeriana officinalis on the benzodiazepine receptor. Planta Med. 55, 642, 1989. (7) Nennini T. et al. In vitro study on the interaction of extracts and pure compounds from Valeriana officinalis roots with GABA, benzodiazepine and barbiturate receptors in rat brain. Fitoterapia. 64, 291-300. (8) Ortiz J.G. et al. Effects of Valeriana officinalis extracts on [3H]flunitrazepam binding, synaptosomal [3H]GABA uptake, and hippocampal [3H]GABA release. Neurochem. Res. 24, 1373-8, 1999. (9) Santos M.S. et al. Synaptosomal GABA release as influenced by valerian root extract. Involvement of the GABA carrier. Arch. Int. Pharmacodyn. Ther. 327, 220-31, 1994. (10) Santos M.S. et al. An aqueous extract of valerian influences the transport of GABA in synaptosomes. Planta Med. 60, 278-9, 1994