Di Alexander Bertuccioli – Per gentile concessione di Performance – Centro studi La Torre Edizioni
Quella relativa ad un adeguata assunzione proteica è un annosa questione che ha visto (e vede) numerosi autori scontrarsi sulle più disparate posizioni riscontrando contrapposti agli estremi da un lato i sostenitori di un ridotto intake proteico con la finalità di ridurre la mortalità per diverse patologie (tra cui quelle cardiovascolari e quelle oncologiche) mentre dall’altro i sostenitori di un intake proteico più elevato realizzato con la finalità di garantire un pieno trofismo e una piena efficienza metabolica. Esaminando i dati presenti in letteratura a oggi non esiste una netta vittoria di un gruppo rispetto all’altro in quanto entrambe le soluzioni mostrano rispettivamente vantaggi e svantaggi, per esempio se da un lato una ridotta assunzione proteica è associata a una minore mortalità per patologie oncologiche dall’altro è associata a maggiori difficoltà nel mantenimento del peso, se consideriamo che il 25-30% delle patologie tumorali possano essere fortemente correlate all’obesità è facile comprendere come questa strategia da sola non sia sempre e comunque esaustiva. Quindi quello che da un punto di vista razionale sembra più utile da fare è valutare la stratificazione dei fattori di rischio per un soggetto (sovrappeso, obesità, fumo, familiarità, sedentarietà ecc) e optare per la strategia che si mostra più vantaggiosa in quello specifico contesto.
In particolare con questa finalità si mostrano decisamente interessanti i dati di uno studio apparso su Cell Metabolism (19 , 407–417, Marzo 4, 2014) dove, esaminando i dati relativi a un campione di soggetti di oltre 6000 unità seguiti per 18 anni, oltre a confermare l’aumentato rischio di insorgenza (rischio non implica la certezza ma la possibilità) associato a un alto (≥ 20%) e moderato (19-11%) consumo proteico rispetto ad una bassa (≤10%) assunzione per i soggetti di età compresa tra i 50 e i 65 anni, per la prima volta è stato messo in evidenza un fattore protettivo correlato all’alto e al moderato consumo proteico, rispetto alla mortalità generale e a quella per cause oncologiche nei soggetti over 65. In particolare gli autori hanno analizzato il ruolo dell’alimentazione sull’espressione dei fattori di crescita evidenziando come nei soggetti tra i 50 e i 65 anni, una maggiore assunzione proteica sia correlata ad uno stimolo più importante alla secrezione. Anche la fonte proteica è stata presa in esame, infatti è stato possibile evidenziare come fonti proteiche di origine vegetale (di più basso valore biologico) siano responsabili di una stimolazione inferiore. Ovviamente la stimolazione fornita da un fattore di crescita si mostra aspecifica (stimolando quindi lo sviluppo di tessuti sia fisiologici che patologici) con potenziali effetti negativi su tutti quei soggetti che anche inconsapevolmente hanno già un processo patologico in atto. I ricercatori hanno messo in risalto il ruolo dell’IGF-1 mettendo in evidenza come nei casi di incrementato rischio in effetti possa essere possibile riscontarne livelli superiori. Discorso diametralmente opposto è stato invece riscontrato nei soggetti over 65 dove alti intake proteici si sono mostrati un fattore protettivo, rilevabile con una riduzione della mortalità generale (e di conseguenza della mortalità per patologie oncologiche) del 28%, molto probabilmente correlato alla superiore efficienza metabolica e alla migliore condizione di salute generale (difficilmente riscontrabile in persone anziane sarcopeniche e cachettiche).
Fatto molto interessante è che in questo contesto alti livelli di IGF-1 sembrano essere protettivi, inoltre questi effetti sembrano verificarsi in questa fascia di età indipendentemente dalla fonte proteica utilizzata. Ovviamente questi dati si riferiscono in prevalenza a soggetti sedentari, dovendoli contestualizzare per soggetti dall’alto livello di attività fisica molto probabilmente andrebbero contestualizzati con gli opportuni adeguamenti, anche in considerazione del fatto che l’attività fisica per svariati meccanismi si mostra un fattore protettivo che contribuisce al rischio di mortalità generale e oncologica.
Concludendo gli autori suggeriscono negli over 65 l’assunzione di 0.7-0.8 g di proteine/kg di peso corporeo come il minimo indispensabile, indicando l’intervallo di 1.0-1.3 g/kg di peso corporeo come un intervallo più congruo, suggerendo inoltre un graduale incremento nel consumo contestualmente al passaggio tra le due fasce di età studiate e riservando un adeguato spazio alle fonti vegetali di proteine in questa fase di transizione.
Questi dati si dimostrano una vera e propria rivoluzione nel settore, suggerendo come le nostre conoscenze debbano essere costantemente aggiornate e implementate e come ancora ci sia tanto da fare prima di avere una piena comprensione di tutte le dinamiche metaboliche proprie dell’organismo umano.